Il canone è una forma musicale in cui si sovrappongono diverse voci. Tipo ‘fra martino campanaro’.
Il canone inverso è un canone in cui la melodia che segue quella che la precede si comporta in moto contrario rispetto a questa.

Cambio di rotta.

Moto contrario.

Nuova armonia.


Sto partendo. Più di un anno fa, nella rubrica che tenevo su un mensile - lo stesso viaggio attraverso la musica delle parole che continua qui, ma ora siamo dentro a tappe ben più evolute - scrivevo una pagina violenta, e la consegnavo appena prima di volare dall’altra parte del mondo.

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Un colpo micidiale, cos’è stato? Non piangere! Sul pavimento colano l’olio e il vino mischiati, la cucina si riempie come una barca che affonda... Lo tiro su e scivolo con lui in braccio. Per terra, tra i vetri, come due naufraghi. Piange, non si fermerà più. Non sono capace. Non sono nata per questo, sbagliata fin dall’inizio.”

A tutte le madri ‘sbagliate’. A tutti i padri che conoscono la straziante lucidità di non essere all’altezza. E a chi ama di amore cieco e sbatte contro il muro della propria inadeguatezza, dell’altrui indifferenza. Questo è un grido sovversivo per chi, almeno ogni tanto, ha il coraggio di urlare per non impazzire... si rasenta la pazzia per le piccole cose della vita, non servono sostanziosi moventi, bastano i rituali umani che si danno scontati per natura/cultura.

Io sono una di quelle madri sbagliate, una di quelle che fanno sussurrare tra loro le mamme perbene. Sfido proprio voi - con la ‘famigliamulinobianco’ stampata in faccia - a non esservi mai sentite così: “Ai tavoli dei bar, nelle strade, adulti ignari, liberi, fumano, chiacchierano con calma, senza fretta, hanno tutto il tempo che vogliono. Non sanno di essere dei privilegiati. Spingo il passeggino, anch’io ero come loro.”

Mentre mi leggi, sono già dall’altra parte del mondo a prendermi un respiro di libertà. Lui non è più nel passeggino, ha 12 anni e comincia a farsi gli affari suoi. Ma il tempo della vita è cambiato da quando c’è, come capita a tutti noi... sanguisughe da amare per forza, i figli. Ti insegnano troppo di te per non esserne eternamente grato. E schiavo. La schiavitù è impastata di riti famigliari, di condivisione forzata, di sforzi sovrumani per tenere insieme tutti i pezzi.

E allora io ogni tanto me ne vado dalla polveriera che ogni famiglia è. Me ne vado a piedi a scarpinare per due ore, salto su un treno o su un aereo. Oppure mi tuffo dentro un libro che mi accoglie così come sono. Comunque, mi concedo un viaggio. Fa sempre bene. Si torna indietro più leggeri e grati per ciò che si ha.”

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Sto partendo. Ma oggi parto con mio figlio. Non ho più bisogno di scappare via da lui.

Canone inverso.


A tutte le madri sbagliate: siete con me, in questo viaggio. Oggi so che quelle come noi si possono sentire all’improvviso libere, tenendo per mano un figlio. Si possono inventare viaggi che mai avrebbero immaginato. Proprio perché c’è lui a rovesciarti le mappe della vita.

A te, aristocratico fratello viaggiatore che mi hai appena dato la musica per raccontarlo, solo una cosa. Grazie.


Quando la notte - Cristina Comencini