ottobre 2010 (scritto anni prima, mentre thebooktherapist prendeva forma dentro di me)
C’è una pista nascosta e segreta tracciata tra le pagine dei libri. Me ne sono accorta qualche anno fa, dopo tanti utili silenzi percorsi camminandola.
Ho iniziato a seguirla - mentre ero in casa o per strada o stavo guardando la partita di mio figlio - a lasciarmi chiamare all’improvviso da alcune scene che avevo letto, dal passo, dalla voce o dai pensieri di un personaggio della storia. E ho scoperto che stavo seguendo una musica, la musica delle parole che in quel preciso momento attraversava la mia vita.

L’avventura è ad alto impatto terapeutico, ma non ti costringe sul lettino dell’analista o all’ombra di qualche santone con il dito puntato verso la via maestra. Sentiero alternativo, questo, che non se la ride affatto degli altri: ognuno ha il suo, massimo rispetto, ci si può sempre incrociare per la via.
E’ un percorso per viaggiatori indipendenti, per capetoste, per nomadi della ricerca, per chi ha voglia di capirci un po’ di più di ciò che gli capita. Non ha nulla di intellettualoide, di erudito, di new age, di sciamanico o iniziatico: è solo un modo diverso di usare i libri. Per imparare a leggersi dentro, fin dove si può.

E’ quello che cercheremo di fare in questo spazio di incontro tra noi e la nostra wordmusic: The BookTherapist è un viaggio dentro di sé che segue la pista nascosta di quelle pagine che ci parlano dritto al cuore, ci graffiano, ci fanno salire alla coscienza intuizioni sotteranee, ci spostano di prospettiva. Le ascolteremo come si ascolta una musica, le useremo, ognuno a modo suo, come una bussola per orientarci in questo pazzo mondo. Comincio subito.

“Le carte geografiche sono dentro di noi e non lo sappiamo… Si procede non per ritorni, ma a balzi, a voli di fortuna.” Mentre Il Passeggero occidentale di Miro Silvera oggi (valeva la pena di leggerlo solo per queste poche parole, che avevano qualcosa da raccontarmi hic et nunc: ecco cosa intendo per wordmusic… basta poco, ma quello giusto) mi parla così - musica intonata a giornate di salti nel vuoto come queste - scrivo le ultime righe per voi, nuovi compagni di viaggio. E sono certa che la stessa musica risuona anche per altre strade, che non sono la mia.
Aspetto la vostra wordmusic.
Oggi tutti vogliono fare gli scrittori. Pochi si accorgono che avrebbe più senso, prima, diventare dei veri lettori. Veri. Che non significa eruditi, topi da biblioteca, critici letterari. E neppure che bisogna leggere tutti i libri del mondo. No.

Siamo su tutt’altro pianeta, qui. I veri lettori sono quelli che imparano a leggersi (e comunque anch’io volevo fare lo scrittore, ma poi mi è capitato di essere un booktherapist ed è piuttosto magnifico. Poi vediamo. Intanto imparo).

Capita che un libro ti parli perché ti ci ritrovi. Sei proprio tu quello lì tra le righe, avresti potuto scriverle tu. Capita che ti parli per contrasto. Ti graffia, ti dà fastidio per l’orrore che ti suscita dentro, ti dà un calcio nel sedere e sei obbligato a spostarti. Capita invece che ti renda semplicemente chiara una realtà. Te la fa salire alla coscienza. Dici poco.

Leggere non è mai un atto passivo. Non è mai soltanto accogliere. Un buon libro, o una buona pagina (basta poco), ti costringe sempre all’azione. Ascoltare una musica, perdersi in un quadro, guardare un film… tutte preziose posizioni d’ascolto (e senza musica non si può vivere). Posizioni di accoglienza. Quando leggi, invece, devi per forza metterci del tuo, e parecchio. Hai lì davanti delle parole in fila. Sei solo tu a dar loro corpo. Come vuoi. E’ un atto di insospettabile libertà

e, quando scegli senza vincoli, ti aiuti ti curi ti ritrovi ti salvi
è una sorta di legge naturale

esempio (sperimentato, quante dannate volte, sulla mia pelle):
Un libro ti può salvare dalla vertigine folle dei pensieri ossessivi. Hai presente quando non riesci a staccare il pensiero da un chiodo fisso... Esatto, proprio questo, ognuno ha i suoi, quando ti capitano è dura durissima.

Ci sono parole scritte che entrano dentro come una lama e tagliano il filo teso dei pensieri che si ripetono all’infinito, sempre gli stessi, catena infernale che stringe fino a fare male da morire.
Se in quel momento ti si apre davanti la pagina giusta, tu - per forza - ti ci infili dentro a fatica: i pensieri incatenati frenano, ti inchiodano alla tua vertigine ossessiva.
Ma se ti sforzi (tanto tantissimo), la parola scritta a un certo punto taglia la catena delle ossessioni. Magia unica. Magia a disposizione di chiunque.

Leggi. Entra. Fai fatica. Riprova. Leggi. Lasciati prendere.
La catena si spezza. Non ha scampo. BookTherapy.

E’ in questo senso, e solo in questo senso, che parlo di booktherapy. Quella che propongo io come viaggio di ricerca e niente altro. I libri che vanno bene per tutti - ma proprio tutti - quando hai l’ansia o la depressione sono una cazzata colossale, un’invenzione mediatica ridicola (come tante, del resto).

....continua......
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