fine estate 2011

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Quando si ferma tutto, ti sembra siano assolutamente necessarie risposte certe per ripartire.

Io oggi non ne ho.

Riparto da una domanda, quella di un artista che ne ha fatto un'istallazione aperta alle risposte di chi ha voglia di lasciarsi trapassare. Perché la domanda di Emanuele Cazzaniga (www.aionearte.it) trapassa lo stomaco e la mente e i ricordi e le speranze.

Wordmusic tosta per ripartire. Ci provo.


INCHEMANISIAMO? INCHEMANISIAMO? INCHEMANISIAMO? INCHEMANISIAMO?

(lasciala suonare per un po' dentro di te, fratello viaggiatore)


Siamo nelle mani di ciò a cui sentiamo di appartenere.


Fa molto la differenza se sentiamo di appartenere a qualcosa/a qualcuno oppure no. E se ci appartiene oppure no. Una famiglia, una tribù, un partito, una religione, un contesto quale che sia, un percorso comune ad altri, una Casa che non sia eremo.

Belonging. Se c’è - o non c’è - questo ‘luogo’ di appartenenza, la storia è diversa per ognuno di noi. Un apolide fa decisamente più fatica, non è un eroe, è un uomo solo. Magari grande, ma solo. Smarrito.


Siamo nelle mani degli incontri che facciamo, dell’amore che ci viene dato o tolto, nelle mani delle persone a cui vogliamo bene. Se ci vogliono bene - oppure no - fa la differenza. Forse, alla fine, la più sostanziale.


Siamo nelle mani della nostra salute, del nostro corpo che funziona o si interrompe. Cambia il corso degli eventi, questo fatto. Capita spesso di dimenticarselo.


Siamo nelle mani della percezione che abbiamo di noi stessi, delle cose che abbiamo realizzato, dei sogni archiviati, della ventura o meno di esserci costruiti un’identità sociale/professionale/esistenziale. Un ruolo, una collocazione in cui riconoscerci ed essere riconosciuti. C’entra parecchio con il senso di appartenenza, e così incide. Sono le mani della memoria che abbiamo di noi stessi, l’unica immagine non fantasiosa di noi.


E poi, sì... siamo nelle mani del sistema di valori che ci è stato cucito addosso. Di quanto ci è andato stretto, di quanto siamo riusciti ad aggiustarcelo su misura facendo meno cazzate possibile.

Nelle mani del Paese e del ciclo storico in cui siamo stati catapultati per insondabile destino, nelle mani di piccoli dèi della mediocrità che tengono ben stretta la loro fetta di potere, e non c’è modo di strappargliela, quello è il loro gioco non il nostro, bisogna inventarsi qualcos’altro... bisogna.


Forse non serve inventarselo. E’ già qui.

Siamo nelle mani della Vita, questa Musica a movimenti alterni che fa suonare tutto questo groviglio di note, che ci tiene insieme mentre camminiamo nel mondo, che è energia e flusso costante e tempo che ci divora e ritmo che batte i nostri passi.

E, alla fine, mi pare sia poi tutta questione di consapevolezza e fede - che abbiamo maturato? perso? ritrovato? - nella nostra capacità di dirigere la Musica dentro di noi. O di abbandonarci con fiducia a mani più sapienti.


inchemanisiamo@gmail.com

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