VALORE
Considero valore ogni forma di vita, la neve, la fragola, la mosca.
Considero valore il regno minerale, l'assemblea delle stelle.
Considero valore il vino finché dura il pasto,
un sorriso involontario, la stanchezza di chi non si è risparmiato,
due vecchi che si amano.

Considero valore quello che domani non varrà più niente e quello che oggi vale ancora poco.

Considero valore tutte le ferite.

Considero valore risparmiare acqua,
riparare un paio di scarpe,
tacere in tempo, accorrere a un grido,
chiedere permesso prima di sedersi,
provare gratitudine senza ricordarsi di che.

Considero valore sapere in una stanza dov'è il nord,
qual è il nome del vento che sta asciugando il bucato.

Considero valore il viaggio del vagabondo,
la clausura della monaca,
la pazienza del condannato, qualunque colpa sia.

Considero valore l'uso del verbo amare e l'ipotesi che esista un creatore.

Molti di questi valori non ho conosciuto.
                                                                                                                           Erri De Luca (da “Opera sull'acqua e altre poesie”, Einaudi, To, 2002)
Buon Natale, fratello/sorella viaggiatore.
Niente da aggiungere, per ora.
Sto preparando 'il filo del discorso' II tappa. Così iniziamo bene il 2013.
con amore
la tua booktherapist

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Un’estate così mistica non mi era mai capitata. Salto. A step forward. Ne ho capite così tante che non riesco neppure a contarle tutte. Poco importa, tanto verificare la lista della spesa non serve: ora è tempo di tornare a casa e cucinare gli ingredienti. Paura. Chissà se ce la farò. Eppure, mentre lo scrivo, mi viene già da ridere: la dimensione dell’allenamento spirituale quotidiano conduce inaspettatamente a una sana leggerezza. Il contrario di ciò che mi era sempre sembrato. E’ una scoperta epocale per un peso massimo come me.


Questo sì che serve. Consapevole leggerezza. Ma io prego in tutte le lingue da qui all’eternità, se davvero mi rende più leggera! è tutta la vita che ci provo. ad alleggerire il carico. e non mi riusciva mai. catena infinita di tentativi falliti, la mia storia con la leggerezza. Ora, invece, forse…… non parliamo troppo presto che porta male. Si vedrà.


La inizio - questa calda estate - tra le pagine di Jeanette Winterson nel suo Perché essere felice quando puoi essere normale? e resto ancorata per un po’ a un percorso intellettuale molto solido, ritrovo parti di me e idee per il mio lavoro.

‘C’è sempre una carta vincente. La mia erano i libri. Quello che avevo, soprattutto, era il linguaggio che i libri mi permettevano di usare. Un modo di parlare della complessità. Un modo di tener desto il cuore all’amore e alla bellezza (Coleridge)

Per me, che ero affascinata dal problema dell’identità, dal modo in cui ciascuno si definisce, questi libri furono fondamentali. Leggere se stessi come un’opera di fantasia e non solo come una sequenza di fatti è l’unico modo per lasciare aperta la narrazione, l’unico modo per evitare che la storia ci sfugga procedendo per conto proprio, per approdare, il più delle volte, a un finale che nessuno vuole.

Più leggiamo più diventiamo liberi. Emily Dickinson non lasciò mai la sua casa di Amherst, nel Massachussets, ma quando leggiamo la mia vita era stata – un fucile scarico sappiamo di aver scoperto un’immaginazione che farà detonare la vita, che non si limiterà ad abbellirla.

Ho già superato la metà della mia vita biologica e sono a circa metà della mia vita creativa. Misuro il tempo come fanno tutti, anche con l’invecchiare del corpo, ma per sfidare il tempo lineare tendo a vivere nel tempo totale. Riconosco che la vita ha un fuori e un dentro e che eventi separati dagli anni convivono fianco a fianco nella nostra immaginazione e nelle nostre emozioni.‘


Libri. Narrazione di sé. Libertà. Tempo totale. Sono io.

Ma è wordmusic che nutre gli ingranaggi della mente, e i miei sono da fermare come le macchine dell’ILVA di Taranto, se no si rischia di perderci la salute ancora una volta.

Vado a cercare qualcos’altro, qualcosa che depisti la mente, piuttosto che fornirle nuovo combustibile. E incontro un certo Ram Tzu (Senza via d’uscita – per chi è spiritualmente ‘evoluto’), una sonora pernacchia in faccia a tutti noi che ce la meniamo con il cammino dello spirito. Lo trovo geniale spudorato crudele. E molto divertente.

‘Tu sei un ricercatore spirituale

dai grandi percorsi…

Vai a Bali

a mangiare funghi viola

che crescono sul letame di vacche sacre.

Vai in Messico

a mangiare boccioli di cactus

con antichi uomini medicina.

Vai in Amazzonia

per sniffare le cortecce di alberi

con gli indigeni.

Vai in Africa

a fumare erba spirituale

con gli stregoni.

Saltelli con gli spiriti.

Vedi Dio.

Diventi uno con l’universo.

Ram Tzu ti fa una domanda….

perché continui a comprare

biglietti di andata e ritorno?’

Per qualche giorno me la rido con l’illuminato/sadico Ram Tzu, che comunque non mi fa smettere di andare agli incontri buddisti dove da qualche tempo porto ogni settimana le mie perplessità e la mia voglia di sperimentare il potere dei mantra (qualunque mantra – ma questo agli invasati di na myoho renghe kyo è meglio non dirlo – per fortuna non sono tutti invasati: ci sono anime lucide, nel gregge).

Passaggio importante, questo dei mantra. L’avevo capito da tanto che avevano un senso, ma ora sono certa che mettono in moto qualcosa di potente. Energie nascoste, risorse al di là della ragione. I popoli ‘primitivi’ lo sanno bene. Noi - gli evoluti - continuiamo beatamente a ignorarlo. Io non ci sto più. Voglio imparare. Ram Tzu, chéri, sei tanto acuto e hai ragione, ma io provo comunque a muovermi un po’ più in là. Non dimentico la tua pernacchia, diciamo che ho voglia di altra musica.


Intanto mi addentro per lavoro in un racconto di autore sconosciuto (Breve romanzo finnico – Carlo Montanaro) che mi dice parecchio di me:

’ogni venti flessioni una notte di incubi in meno’ innesta parole nuove nella mia disciplina quotidiana. Comincio a fare leva sul training dello spirito. Mi preparo al salto. Josefa Idem alle Olimpiadi mi mostra con crucca dolcezza di cosa è capace un essere umano che coltiva passione e disciplina. Mi impegno a non perdere tempo in cazzate. Cerco una solitudine senza paure. Le paure, una dopo l’altra, me le toglie Madre Natura. La respiro, la cammino, ci annego dentro le mie contraddizioni, la ascolto. Funziona. E’ musica.


Passo attraverso Saper perdere di David Trueba. Scorre che è un piacere, cinematografico e un po’ paraculo, ma mi commuove l’incrocio appassionato delle tre storie di uomini perdenti: mi fa vedere tutta l’imbecillità, la mediocrità, la vulnerabilità che ci portiamo addosso. Tutti. E, mentre la leggo, la tocco in qualcuno che in altri tempi mi avrebbe sbarellato di sicuro. Scusa, tesoro, sei davvero un bel manzo in epoca di vacche magre, dato non irrilevante… ma io ho altro da fare che bruciarmi ancora il cervello per un altro egoista deficiente. Adieu.

‘Nessuna donna si accontenta di quello che ha, Mercedes ne aveva sempre una, Adela voleva vederlo divorziato, pronto per un altro matrimonio. Non capiva perché non potessero starsene tranquille, apprezzando quello che avevano, vivendo la vita normalmente.’

Vita sentimentale di un camionista di Alicia Giménez- Bartlett cade a fagiolo nelle notti insonni prima del NO al bel manzo (è un no che fa male, e il cuore lo sente). Ma starsene fuori da queste attese, almeno per un po’, che ne dici Stefania? Spostarsi dai testadica -mionista a te? L’idea suona fantascientifica nel mio universo. Ma intanto mi viene.


Benedetta wordmusic, mi salvi ancora una volta. Mi porti nella terra dove sul passaporto devi avere scritto sono qui per farmi del bene, di male me ne sono già fatto abbastanza. Mi accorgo di avere, all’improvviso, il bollino giusto sul passaporto. La sensazione si avvicina all’ebrezza di certi miei vent’anni. Non è mai troppo tardi.


E qui, per una svista (penso distrattamente sia tempo di letture senza alte pretese filosofico/letterarie), mi compro Hanno tutti ragione di Paolo Sorrentino. E butto pure via qualche mezza giornata a cercare di lasciarmi ipnotizzare dai suoi studiatissimi giri di parole, dalla sagacia così cool del suo autore. Le pretese letterarie ce le ha eccome. Purtroppo ha solo quelle. Presuntuoso e vacuo da far venire la nausea dopo 10 minuti che lo tieni in mano. Una giostra di frasi ad effetto. Che fastidio. Ma forse sono io a non essere più glamour a sufficienza, mi sa che è così… in ogni caso, anche al booktherapist più rodato succede di sbagliare un colpo. Amen. Sei capitato nella terra sbagliata, non c’entra niente con il tuo viaggio… spostati più presto che puoi. Finita lì.


Mi sposto. E rischio perché lo scrittore che scelgo è bravo da paura, ma anche altrettanto furbo. Ormai sa come sfornare un successo editoriale all’anno e gli piace così tanto che il resto, l’autenticità dell’ispirazione, non è indispensabile da un bel pezzo. Tuttavia, il fascinoso tipo ha sempre qualcosa per me.

‘Ma la donna disse che gran parte della gente sogna di ricominciare da capo, e aggiunse che in questo c’era qualcosa di commovente, non di pazzo.

Ho capito che non si cambia veramente mai, non c’è modo di cambiare, come si è da piccoli si è tutta la vita, non è per cambiare che si ricomincia da capo.

… Si ricomincia da capo per cambiare tavolo, disse. Si ha sempre questa idea di essere capitati nella partita sbagliata, e che con le nostre carte chissà cosa saremmo riusciti a fare se solo ci sedevamo a un altro tavolo da gioco.

… Come le ho detto, aggiunse, cambiare le carte è impossibile, non resta che cambiare il tavolo da gioco.’

Alessandro Baricco – Tre volte all’alba


Questa storia del tavolo da gioco mi tiene inchiodata, non riesco a trovare la risposta. Si possono cambiare i propri dati strutturali? Non si cambia mai ma è solo possibile cambiare tavolo da gioco? Veramente io vorrei cambiare una cosa, una sola ma fondamentale, e viene prima che cambiare tavolo da gioco. Son lì che mi martello inutilmente la testa – sono una professionista del settore - quando decido di tentare un’avventura esotica tra le pagine de Il buddista riluttante di William Woollard:

‘Non c’è niente nel contesto della nostra vita che sia impossibile da cambiare.’


L’affermazione, allacciata a svariate altre a sostegno del suo credo e lanciata alla massima potenza da uno che non ha certo la taglia del fanatico, si schianta senza mezze misure contro il mio muro di scetticismo, contro la mia ruvida irritazione di fronte ai devoti di tutti i maestri che hanno la verità in tasca. Soprattutto quella religiosa (ma cosa ne sapete voi… non c’è nessuno che lo sa).

Eppure.

Mi colpisce infinitamente la visione buddista del mondo. Nella memoria si stampano parole come interconnessione tra tutte le cose/comprensione che il cambiamento è la loro vera natura/causa-effetto/autodeterminazione/fede come fiducia/speranza/pratica quotidiana/suono/ritmo. Le ultime due parole fanno già parte del mio archivio personale. Le altre - sarà il sole che scioglie antiche resistenze - in qualche modo non vengono espulse al primo schianto.


Ed è a questo bivio che mi si rovesciano addosso le 283 pagine di Eremiti. Un fluido magico.

Alla quarta ho già capito che era qui che dovevo arrivare. Alla trentesima non riesco più a metterlo giù, me lo porto dietro anche in bagno. Tanto non si offende: è mistico. Che, per quanto mi riguarda allo stato dell'arte, vuol dire soprattutto una cosa: più leggero. E’ scritto per entrare nel prosaico della vita (di pochi, me ne rendo conto), forse più di quanto Espedita Fisher, la sua autrice, si accorga. Lei cerca indubbiamente leggerezza, ma quella autentica mi viene incontro nelle parole di alcuni dei bizzarri personaggi che lo abitano. Storie di anime estreme che hanno lo spudorato coraggio di dire cose così. E di farle: è questo il punto. Un punto di vista non mentale.


‘…era chiaro che il vero distacco non doveva essere da persone o cose, ma dall’ego. In ogni uomo vivono due parti che devono essere armonizzate in unità: l’io e l’essere. Quando l’io non fa più resistenza all’essere, ma lo assume, abbiamo l’Io Sono.’

i salmi hanno il potere di fermare la mente in Dio’

‘…mi era dato di percepire il mondo invisibile come più reale di quello visibile…’

‘ogni cosa è ciò che è, a noi rimane solo la libertà di emozionarci. Ma l’emozione è un’energia che vibra a frequenze altissime…’

‘il mio primo maestro è stato mio nonno Adolfo. Per lui tutto nell’universo era ritmo, vibrazione, musica e armonia divina.’

‘considero la Natura madre generosa e maestra dell’uomo, e tutte le sue manifestazioni come strumenti divini per la realizzazione del sé. .. Recupera il rapporto con la Natura, con le sue manifestazioni, i suoi corpi sottili. Accetta la vita, godila, segui i suoi ritmi, ascoltala correre in te. Lascia che ti rigeneri, e parli al tuo corpo, e allo spirito. Credi nella tua forza, falla crescere in te e crederai in te stesso.’

Questi eremiti contemporanei dicono le sole cose veramente interessanti che ho sentito dire negli ultimi anni. Sono fuori come biglie, ma dentrocosìdentro la Vita da far accapponare la pelle. Nonostante i 40 gradi all’ombra, con la mia ci riescono più di una volta. Mi viene incontro una dimensione della fede/del silenzio che mai avevo esplorato, mi si rivela il senso della preghiera, una sorta di canto a sinc con il cosmo, mantra docet. E’ anche vero che sono tra gli scogli davanti al mare e dunque gli svarioni sono più che plausibili. E non è poi detto che sia una strada per me. Ma che bella storia sentire la vita così…


A questo punto ho un breve attacco di vertigini: si vede che troppo misticismo non fa (ancora?) per me. Piedi per terra, viaggiatore. Se no si rischia di perdere la bussola.

Devo spezzare il ritmo di questa estate in solitaria. Scovo su internet un workshop in Emilia. Parto. Il tema suona vagamente sciamanico e mi mette qualche dubbio, ma si lavorerà su vibrazione sonora e ritmo - bene, siamo in terre limitrofe alla mia di oggi - e poi io ho bisogno di gente intorno che non sia dissonante con la musica dentro di questo strano tempo d’estate. Difficile da trovare.

La trovo. Il seminario è condotto da Francisco, un omettino catalano tutto tamburi e gioia semplice che - luce dei miei occhi! - incarna la figura dell’anti-guru (non ne avevo più incontrati dai tempi dei miei viaggi in Sudamerica e Africa). Finalmente uno che ha parecchio da insegnare, ma non deve propinartelo come oro colato, è semplicemente lì a condividerlo con te. Un soffio delicato di energia pulita.

Il gruppo si compone di varia umanità, stravagante quanto basta per sentirmi a casa più che mai. Imparo a usare alcuni suoni come leve per lo stato vitale, entro nella logica dei mantra come in un gioco multisensoriale, mi accosto alle nuove acquisizioni sulla frequenza 432hz e non ne capisco molto… però qualcosa mi fa incredibilmente bene in questo fine settimana da pazzi. Ballo, canto, mangio cibo che non sa di chimico, cammino in mezzo alla campagna con romagnoli che se la sanno ridere di gusto (la vita è generosa, mi butta lì uno di loro. E mi rimane appiccicato alla pelle).

E qui la mia eremitica wordmusic del momento si imbatte nella presenza - note e veemente fisicità - dell’uomo della diga nella valle del salto (www.stefanomariacrocelli.com), un cocktail esplosivo di vitalità popolana e ricerca spirituale che batte il ritmo di una musica costante. Il suono del suo didjeridoo mi vibra nella pancia, la danza sacra indiana di Paola, la sua geometrica luminosa compagna, mi fa piangere all’improvviso di nostalgia e gratitudine. Nel suo cd Il lago, il divino e ciò che ci sta in mezzo scopro che in Italia c’è qualcuno che compone usando frasi di senso compiuto secondo uno schema mantrico/mistico. Sapevo di avere fratelli viaggiatori anche tra i musici, e adesso sei qui… Grazie (per farmi articolare pensieri e parole volte a voi, come scrivi tu).


Stasera un vento furioso e un freddo becco stanno spazzando via l’estate in un colpo solo. Rientro a Milano nella bufera, e nel terrore che il grigio del cemento finirà per inghiottirsi tutto il mio pellegrinaggio estivo. Sono stata piuttosto fuori di testa, in compagnia di gente più fuori di me. Terre da avventure estreme tra le pagine. Ma tutto sapeva abbastanza di (timida) felicità. Non ricordo sensazioni così.

Ho raggiunto un’unica microscopica ‘illuminazione’ - che il mio lavoro da mentale deve farsi spirituale - ma non ho la minima idea di cosa significhi, di come tradurrò l’intuizione in termini operativi. Magari ora mi faccio subito prendere dal panico delle lavatrici da riempire, dei progetti da avviare, dalla mia inettitudine tecnologica, dei vestiti da città che non possono più essere barboni come piace a me, abiti formali di gesti e parole così dannatamente stretti…

‘Vivere nel mondo senza essere del mondo’ me l’hanno ripetuto di continuo tutti i mistici di ‘Eremiti’. Ma non lo diceva anche il Gesù dei cristiani? e certamente parecchi altri maestri, illuminati ben oltre le mie magre acquisizioni.


... Sai cosa c’è di nuovo, fratello viaggiatore?

Magari mi faccio prendere dal panico.

MAGARI NO.


IL FILO DEL DISCORSO al 1 settembre 2012

Jeanette Winterson - Perché essere felice quando puoi essere normale?

Ram Tzu - Senza via d’uscita – per chi è spiritualmente ‘evoluto’

Carlo Montanaro - Breve romanzo finnico (non pubblicato, ma meriterebbe)

David Trueba - Saper perdere

Alicia Giménez- Bartlett - Vita sentimentale di un camionista

Paolo Sorrentino - Hanno tutti ragione

Alessandro Baricco – Tre volte all’alba

William Woollard - Il buddista riluttante

Espedita Fisher - Eremiti

Stefano Maria Crocelli - Il lago, il divino e ciò che ci sta in mezzo

Quando dico che la wordmusic ti può spostare di prospettiva, come un ceffone ben assestato che ti fa perdere l'equilibrio per costringerti a ritrovarlo, è perché lo vivo.
Vivo anche svariate altre cose che non ha senso pubblicizzare. Ma questa va raccontata. Troppo importante come strumento valido per tutti.

Nonostante il continuo passaggio di pagine nella mia casa/nella mia testa, non capitava da  parecchio.
E mi mancava.

Poi mi è arrivato tra le mani uno di quei libri che in genere scanso.
Quelli rivelatori, dai toni profetici, quelli che pretendono di condurti all'illuminazione. Mi irritano. Forse  perché io dall'illuminazione sono sempre piuttosto lontana, nonostante gli sforzi.

L'ho letto perché il suo autore, che me l'ha dato in dono, sapeva bene cosa stava facendo quando me l'ha consegnato. Deve aver fatto molta strada per aver scritto righe così.
Come spesso capita a testi di questo timbro, il valore letterario non è il dato rilevante.
Se c'è autenticità, lo senti. E se ti parla al momento giusto, lì dentro c'è della wordmusic per te.

La wordmusic è quella musica delle parole che ti racconta chi sei,
a che punto sei della tua storia... ripeto da anni.
E oggi a me/di me racconta questo

"Bene: avete scelto le esperienze. 
Ora scegliete la scelta delle esperienze. 
Ora fate esperienza della scelta."


Non c'è molto di più a tenermi, in questo libro. Ma c'era dentro la musica delle parole di questa primavera 2012... e vederti lì, fotografata in due righe, ha un valore inestimabile.
Questa volta la wordmusic non mi ha davvero spostata, non è stato un vero e proprio ceffone: è stata carezza,
mi ha fatto vedere che mi ero già spostata da sola.

Per questo, grazie caro autore. Sono certa avrai raggiunto altri Natan sgangherati come me.



Stefano Biavaschi - Il profeta del vento



pregava, lei, pregava
ed era
pregata intanto dalla sua preghiera

Viaggio terrestre e celeste di Simone Martini - Mario Luzi




Dall'india a qui il salto è vertiginoso...


venerdì 16 marzo h.20,45

Teatro Eduardo di Opera


STEFANIA MORO

in

VIAGGIO molto magico...

nelle terre dell’AMORE

attraverso la MUSICA delle parole

(e un buon bicchiere a scaldarci il cuore)



...vertiginoso salto, sì. ma è per trovare un ritmo nuovo.
ti aspetto, fratello viaggiatore
s


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gennaio 2012

Non ho avuto alcuna voglia di parlare per lungo sospeso interminabile tempo.

Pensieri tanti, troppi. Da tenere cautamente a bada.

Parole condivise pochissime.

Nel silenzio suonava la mia wordmusic di ogni giorno. Batteva il ritmo, lo domava, lo addolciva, lo rendeva più robusto quando perdeva vigore.

Poi, a un certo punto, la voglia di raccontare mi è tornata.

Me l’hanno fatta tornare le persone che ho incontrato per lavoro qualche giorno fa.


Entro in aula poco prima delle 9 e c’è un soffio di attesa nell’aria. Poi l’attesa si fa attenzione e stupore e partecipazione ed esperienze di vita che si incrociano. Straordinario direttore d’orchestra Gianluca Teppati, fondatore di oomm (www.oomm.it), che guida un gruppo aziendale in un viaggio dal titolo Il risveglio del cuore in azienda.

Il viaggio si fa entusiasmante.

L’azienda si occupa di ricambi d’auto. Per la prima volta mi trovo a un tavolo che non ha niente a che fare con i media, l’editoria, la produzione creativa.

E resto incantata.

Incantata dalla voglia di capire, di migliorarsi, di giocare e ridere che sento attraversare quell’aula. Dall’intelligenza dei miei compagni di avventura nel superare le proprie resistenze, dalla passione che mettono - silenziosa e morbida per alcuni, incandescente e dolorosa per altri - nel loro mestiere quotidiano, e nelle cose semplici della vita. Quelle vere. I figli, le sveglie all’alba di ogni mattina per arrivare in azienda, i rapporti con i colleghi, la dieta da seguire, un allenamento in montagna per sentir vibrare corpo e mente, un ragazzino russo cui offrire ospitalità per sei mesi, un corso di lettura da incastrare tra la famiglia e le lunghe ore di lavoro che si ripetono all’infinito.


Mi è risalita dalla memoria la musica delle parole di Hemingway ne Il vecchio e il mare, quella che mi ha sempre parlato di tenacia, di non mollare mai, di esercizio della volontà. Di armonia da trovare tra le burrasche e le risacche che ci investono tutti.

“Raccolse tutto il dolore e ciò che gli restava della sua forza e dell’orgoglio da tanto tempo sopito e lo pose contro l’agonia del pesce e il pesce si accostò al suo fianco e nuotò con garbo sfiorando quasi col rostro il fasciame della barca e si avviò ad oltrepassarla, lungo, profondo, largo, argenteo e striato di viola e interminabile nell’acqua”.

Musica di ferrea morbidezza. Provo un rispetto assoluto.


Ho imparato più in due giornate così che in tanti pirotecnici brain storming con brillantoni intellettualoidi assatanati di protagonismo. Ho imparato più da Gianluca - dai nostri compagni di viaggio, dal loro appassionato direttore del personale - che da tanti presuntuosi docenti che ho avuto.

Ho sentito l’utilità di quello spazio d’incontro. Il suo avere un senso.

Grazie.


Ora parto per l’India. Mi muovo verso un altro spazio, un altro modo di vivere il tempo. Un’altra energia.

Poi torno e la porto con me.

Nuova wordmusic da condividere con tutti voi.



www.oomm.it

Il vecchio e il mare – Ernest Hemingway