‘…c’è una musica adatta per la distensione, l’attivazione, la nevralgia,
smettere di fumare e ricominciare a mangiare, migliorare la riuscita in
matematica e far ricrescere i capelli? Sono convinta di no, non esiste una
panacea musicale se intesa come Chopin, Debussy o Sakamoto.’
Spinta da un fuoco sacro
che conosco bene, ma non frequentavo da qualche tempo (mai disperare: il.fuoco.se.ce.l’hai.dentro.torna.sempre),
ieri sera mi siedo in vibrante attesa alla presentazione di un libro per
addetti ai lavori in ambito musicale/psicoterapeutico.
Dopo poche battute di
apertura, l’autrice si spinge immediatamente ad affermare con forza la sua
convinzione di base e linea guida professionale, quella che ritrovo poi nel
provocatorio attacco appena citato: non esiste una musica che va bene per tutti
per curare questa o quest’altra patologia.
Luce.
Porti avanti la stessa
battaglia che da anni combatto io a colpi di wordmusic, sorella ricercatrice:
non esiste un libro che cura l’ansia o la depressione - pure stronzate per
farsi un nome sui giornali.
Ci sono piuttosto
frammenti che ci incontrano, ci parlano, ci feriscono/avvolgono/sollevano/illuminano.
Che suonano una loro musica speciale per me/per te che mi leggi.
Qui e ora. Ieri sarebbe
stato diverso. Domani lo sarà.
E andare a scovare proprio
quelli non è operazione seriale. E’ quotidiano allenamento personale. Quello
che cerco di coltivare nella mia vita e di trasmettere poi a chi fa un percorso
con me. Sentiero impervio di musica delle parole. Già tracciato. Da tracciare.
Vorrei subito alzarmi e
correre ad abbracciarla, l'autrice benedetta. Ma sono tutti molto seri e compiti - siamo all’OPL,
Ordine degli Psicologi della Lombardia - e mi vesto del contegno consono alla
situazione.
Oggi però, nel mio
sporadico diario di bordo, lascio da parte il contegno.
Lascio libero l’abbraccio.
Sono anni che mi rifiuto
di partecipare al circo delle facili ricette di biblioterapia da supermercato e
mi incaponisco nella mia testarda ricerca di suono/senso/ritmo attraverso le
pagine dei libri e la musica che suonano. Perché ognuno trovi la sua. Che
cambia come cambia la vita. La devi cercare. Ascoltare, sopra i rumori di
fondo. Far vibrare. Seguire. Trasformare.
Viaggio in solitaria, il
mio.
Molto più facile dare in
pasto ai media l’elenco della spesa: leggi questo libro che ti fa bene, evita
quest’altro che ti fa male. Ma che ne sai tu che non mi conosci nemmeno? Eppure
i giornalisti mi chiedono sempre le stesse cose, l’ultima quest’estate per un
articolo sulla lettura come antistress… chissà se è mai uscito… io
- la solita bastian cuntrari, come
dice amaramente mio padre - mi sono sottratta all’ennesima richiesta di una
lista di titoli ad hoc, certa che la volonterosa ex collega ne avrebbe trovate
a dozzine da qualche altra parte. C’è un esercito di scalpitanti future star,
tra gli psicologi. La semplificazione a uso e consumo dei media (non so nella
pratica terapeutica, e voglio tanto sperare di no), la sua arma letale.
Mi capita di sentirmi una
sfigata. Una Giovanna D’Arco senza arte né parte, in questo mio viaggio ‘fuori tribù, fuori scheda e catalogo’. Mi capita spesso.
Oggi no. Ho incrociato per la via viaggiatori come me, silenziosi tessitori di significato, di valore, di musica
autentica per l’anima.
Come sempre, la mia
immensa gratitudine.
E’ il 2 ottobre. L’inverno
arriva e il tono del mio umore lo sente. Non posso evitarlo.
Ma ho voglia di lottare. Voglia
di musica nuova da attraversare.
E non è poco.
Percorsi d’ascolto - architetture sonore e sviluppo
della percezione di sé
Barbara Eleonora Pozzoli (ed.
Rugginenti)
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