Ogni volta che faccio questa pazzia di proporre un viaggio sul pianeta della wordmusic (in media due volte l’anno-una vera
follia-ogni singola volta mi domando perché lo faccio-una risposta ci sarà
pure-magari un giorno la trovo), inizio
sempre da un preciso punto di partenza.
Un punto di partenza ci vuole, per dimenticarselo durante il
viaggio, tornarci o lasciarselo alle spalle.
E il punto di partenza voglio sia sempre questo
lo stato dell’arte
la dimensione dell’attuale
il momento presente
lo stato d’animo che prevale oggi
Ho sempre intuito fosse importante partire da qui. Per
muoversi oltre.
Che musica suona oggi nella nostra vita.
Per arrivarci, vado a cercare quali diverse musiche di
parole possono suonare nel nostro risveglio la mattina. Adesso. Ho davanti
tante persone e ognuna ha la sua storia, e ognuna ha il suo carico, e ognuna
sta vivendo una fase tutta sua. E a qualcuno non può fregargliene di meno di
guardarsi dentro/di viaggiarsi dentro. Vuole solo bersi il suo bicchiere in
santa pace. Lo avverto forte e chiaro. Mi graffia.
Ma io ci provo lo stesso.
Sì, devo proprio essere malata di mente.
In ogni caso.
Con chi deve funzionare, funziona.
Provo a produrre in tante persone diverse la sensazione
tangibile/autentica di come si sta adesso, in questo periodo della vita. Lo
faccio attraverso brevi passaggi di libri e la musica che suonano quelle
pagine. Lo faccio esponendo me stessa (e non è mai un esercizio
autocompiaciuto. costa. parecchio. ma è l’unico modo per mostrare come la
wordmusic può diventare una bussola per orientarsi. diciamo che m’immolo per la
causa. sorridendo... mai prendersi troppo sul serio).
Mi sono domandata spesso per quale motivo istintivamente
volessi sempre partire da qui.
Lo intuivo. Oggi l’ho capito
se hai ben chiaro il tuo punto di partenza
se lo vedi/lo senti suonare in musica di parole
capisci se ci vuoi stare oppure no
capisci molto meglio dove vorresti andare
Fa parecchio la differenza. Averlo davanti materializzato in
musica di parole. Il tuo punto di partenza.
Mi espongo. Esempio.
“Mi sveglio steso sul divano. Vedo la luce del mattino dietro le
pesanti tende chiuse. Ho addosso una coperta di lana, rimboccata in fondo e ai
lati perché non la scalci via. Mi tasto un po’ dappertutto: sono ancora
vestito. Stacco una pallina di lanuggine dalla coperta, me la strofino sulla
guancia.E mi riaddormento”
Questa immagine a pag.41 de la fine di harold mi
racconta qualcosa di me. Oggi.
Il potere della wordmusic di fotografare, di restituire
un’immagine viva dei nostri stati d’animo si sprigiona solo se non la prendi
alla lettera. O meglio, la prendi sì alla terra, ma usi le parole come oggetti (sonori/contenutistici/ritmici) di una
scenario interiore che costruisci tu.
Le usi liberamente. Musicalmente. E’ l’emozione - la luce le
ombre l’odore lo stato del corpo/del cuore- che una scena ti evoca dentro a contare, se deve parlarti. Non
il fatto che sia esattamente la scena/l’azione in cui potresti vedere te stesso.
Anzi, a volte è proprio il contrario, ma
è questo che ti colloca, da una parte o dall’altra, in una terra o in un’altra.
Se ti muove qualcosa
dentro, allora è la wordmusic per te. E la puoi usare come vuoi.
La uso.
Dunque, io al momento non mi sveglio stesa sul divano e poi
mi riaddormento. Dormo nel mio letto. Eppure la musica del mio risveglio (generalmente
alle 3 del mattino per poi non riprendere più sonno e aggirarmi come
un’assatanata per casa) è questa. Uno sfacelo. In questa terra c’è buio, fa
freddo, suona una musica da funerale, io non ho neanche le energie per oppormi,
come diavolo sono finita ancora qui, ma non doveva arrivare il sole…
Sì lo so non è un bel vedere e pubblicizzarlo mi dà i
brividi e bisognerà pur far qualcosa.
Bisognerà pur fare qualcosa.
Esatto.
Mi guardo, mi sento, mi dico la verità. Me la dico tutta: la
wordmusic esercita il suo potere magico, mi aiuta a vedere senza paura, lasciandomi attraversare dalla paura mentre sale l'energia sottostante.
Io voglio muovermi da qui. E posso farlo.
la musica cambia
se vai a cercarne una nuova
suono senso ritmo per muoversi oltre
Vado a cercarli, fratello viaggiatore. Torno e riparto da un
nuovo punto di partenza.
Non si deve mollare mai…
La fine di harold – J.T. Leroy
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