novembre 2010
Mi capita, nel giro di pochi giorni, di sedermi al tavolino di un anonimo bar con Michele Peyrani, nuovo autore dal percorso spirituale decisamente forte/decisamente poco comprensibile per chi non lo vive... e di trovarmi poi catapultata al centro di un vivace dibattito sollevato da Roberto Escobar con il suo ultimo libro La paura del laico.
Se ne discute con l’autore al circolo culturale Candide – pianeta di tutt’altra galassia rispetto
al bar vicino a casa mia – e l’avvocato Giovanni Bonomo, fondatore del noto salotto letterario
milanese, introduce così:
“E’ possibile non essere religiosi? Anzi, è possibile non avere un dio?
L’ateismo ha il nobile scopo di abolire il pensiero magico e la mentalità sacrificale.
Ma è possibile essere totalmente atei? È possibile essere totalmente laici?”
Domande radicali, c’è chi non se le fa una sola volta in tutta la vita e sta comunque
benissimo (forse meglio di chi se le pone). Io me le sono fatte spesso. Si sono
sempre prese a pugni con la mia viscerale spinta mistica verso qualcosa che superi
la nostra umanità così imperfetta.
Mi appassiono subito al tema. Bonomo prosegue: “... c’è un tipo di territorialitàtanto
insidiata e difficile da difendere: la territorialità mentale, esposta ai lavaggi del cervello,
alle suggestioni subliminali, alla pubblicità, alla propaganda,
al proselitismo, all’intimidazione religiosa o politica, o religiosa e politica insieme,
come avviene in Italia, insomma al contagio delle idee. Il naturale istinto di sopravvivenza
può persino essere trasferito dal corpo fisico a un corpo spirituale immaginario...”
Non ho ancora letto il libro di Escobar, ma per delicate questioni di “territorialità mentale
esposta ai lavaggi del cervello” darei la vita (un po’ l’ho già data).
Ascolto le parole che mi girano intorno - ascolto i pensieri che mi muovono dentro -
e sento un’adesione profonda al raro coraggio di fare a meno di certa rassicurante appartenenza
al gruppo/al gregge/al partito. Sono posizioni scomode. Posizioni da viaggiatore solitario.
Solitudini faticose da sostenere. Le conosco da quando alzavo la mano davanti alla maestra
con l’ennesima questione che non mi convinceva (finivo spesso in castigo dietro la lavagna).
Eppure.
Quell’identico assoluto rispetto, scaldato da un senso di condivisone antico e da una gratitudine
onesta (la mia), è ciò che ho provato al bar del quartiere chiacchierando di India/di dolori
e speranze/di risvegli interiori con Michele Peyrani, uomo di indubbia/fiduciosa consapevolezza,
autore di 21 passi con l’Arcangelo Michele, un percorso esperienziale in un universo simbolico estremamente forte, visionario, profetico.
Tra le pagine, mi colpiscono due figure - il Cavaliere Templare e il Surfista - e l’invito dell’Arcangelo a “far ricorso al Cuore, ai Valori e agli Alti Ideali del Cavaliere Templare,
ma anche a non avere timore di surfare sulla Nuova Energia in modo Dolce...”
Testo denso di maiuscole e di punti esclamativi, questo, come è di fatto l’esistenza del suo autore
da quando ha iniziato il suo intenso cammino spirituale. Da quando ha iniziato a surfare la Vita
(ci riescono in pochissimi, chapeau).
Io non ho ancora imparato a surfare, non riesco a condividere scenari così potenti
di immaginazione creativa e incrollabile fede, e neppure quelli che li negano con granitica certezza (ma, alla fine, che ne sai...).
Ma vivo un’adesione totale e un rispetto infinito per chiunque sia impegnato in un viaggio
di ricerca autentico/individuale/ antifondamentalista/consapevole/ condiviso, se possibile
... che poi sia “sotto un cielo liberato dalle illusioni” oppure affidato “alla certezza di un Dio” poco importa.
Basta che sia viaggio autentico della mente/del corpo/del cuore.
Le avventure capitano solo a chi se le sa raccontare. Ne sono sempre più convinta.
R.Escobar La paura del laico - Il Mulino
M.Peyrani 21 passi con l’Arcangelo Michele - Cerchio della Luna
Mi capita, nel giro di pochi giorni, di sedermi al tavolino di un anonimo bar con Michele Peyrani, nuovo autore dal percorso spirituale decisamente forte/decisamente poco comprensibile per chi non lo vive... e di trovarmi poi catapultata al centro di un vivace dibattito sollevato da Roberto Escobar con il suo ultimo libro La paura del laico.
Se ne discute con l’autore al circolo culturale Candide – pianeta di tutt’altra galassia rispetto
al bar vicino a casa mia – e l’avvocato Giovanni Bonomo, fondatore del noto salotto letterario
milanese, introduce così:
“E’ possibile non essere religiosi? Anzi, è possibile non avere un dio?
L’ateismo ha il nobile scopo di abolire il pensiero magico e la mentalità sacrificale.
Ma è possibile essere totalmente atei? È possibile essere totalmente laici?”
Domande radicali, c’è chi non se le fa una sola volta in tutta la vita e sta comunque
benissimo (forse meglio di chi se le pone). Io me le sono fatte spesso. Si sono
sempre prese a pugni con la mia viscerale spinta mistica verso qualcosa che superi
la nostra umanità così imperfetta.
Mi appassiono subito al tema. Bonomo prosegue: “... c’è un tipo di territorialitàtanto
insidiata e difficile da difendere: la territorialità mentale, esposta ai lavaggi del cervello,
alle suggestioni subliminali, alla pubblicità, alla propaganda,
al proselitismo, all’intimidazione religiosa o politica, o religiosa e politica insieme,
come avviene in Italia, insomma al contagio delle idee. Il naturale istinto di sopravvivenza
può persino essere trasferito dal corpo fisico a un corpo spirituale immaginario...”
Non ho ancora letto il libro di Escobar, ma per delicate questioni di “territorialità mentale
esposta ai lavaggi del cervello” darei la vita (un po’ l’ho già data).
Ascolto le parole che mi girano intorno - ascolto i pensieri che mi muovono dentro -
e sento un’adesione profonda al raro coraggio di fare a meno di certa rassicurante appartenenza
al gruppo/al gregge/al partito. Sono posizioni scomode. Posizioni da viaggiatore solitario.
Solitudini faticose da sostenere. Le conosco da quando alzavo la mano davanti alla maestra
con l’ennesima questione che non mi convinceva (finivo spesso in castigo dietro la lavagna).
Eppure.
Quell’identico assoluto rispetto, scaldato da un senso di condivisone antico e da una gratitudine
onesta (la mia), è ciò che ho provato al bar del quartiere chiacchierando di India/di dolori
e speranze/di risvegli interiori con Michele Peyrani, uomo di indubbia/fiduciosa consapevolezza,
autore di 21 passi con l’Arcangelo Michele, un percorso esperienziale in un universo simbolico estremamente forte, visionario, profetico.
Tra le pagine, mi colpiscono due figure - il Cavaliere Templare e il Surfista - e l’invito dell’Arcangelo a “far ricorso al Cuore, ai Valori e agli Alti Ideali del Cavaliere Templare,
ma anche a non avere timore di surfare sulla Nuova Energia in modo Dolce...”
Testo denso di maiuscole e di punti esclamativi, questo, come è di fatto l’esistenza del suo autore
da quando ha iniziato il suo intenso cammino spirituale. Da quando ha iniziato a surfare la Vita
(ci riescono in pochissimi, chapeau).
Io non ho ancora imparato a surfare, non riesco a condividere scenari così potenti
di immaginazione creativa e incrollabile fede, e neppure quelli che li negano con granitica certezza (ma, alla fine, che ne sai...).
Ma vivo un’adesione totale e un rispetto infinito per chiunque sia impegnato in un viaggio
di ricerca autentico/individuale/ antifondamentalista/consapevole/ condiviso, se possibile
... che poi sia “sotto un cielo liberato dalle illusioni” oppure affidato “alla certezza di un Dio” poco importa.
Basta che sia viaggio autentico della mente/del corpo/del cuore.
Le avventure capitano solo a chi se le sa raccontare. Ne sono sempre più convinta.
R.Escobar La paura del laico - Il Mulino
M.Peyrani 21 passi con l’Arcangelo Michele - Cerchio della Luna
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